Irap, esclusione per i professionisti privi di autonoma organizzazione

Imposte e tasse

I soggetti passivi del tributo regionale non sono tenuti al versamento dello stesso, qualora non risultino muniti di una propria struttura: l'individuazione della causa di esonero è talvolta complessa, in quanto non è puntualmente definita a livello normativo, con l'effetto che è necessario fare affidamento sugli attuali principi giurisprudenziali.

Il presupposto oggettivo di applicazione dell'Irap è rappresentato dall'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi (art. 2, D.Lgs. 446/1997). Il concetto di "autonoma organizzazione" non è stato, tuttavia, ancora definito a livello normativo: in tal senso, vi dovrebbero provvedere i decreti attuativi della L. n. 23/2014 (c.d. delega fiscale), mediante l'introduzione di criteri oggettivi, coerenti con i consolidati principi giurisprudenziali.

Attualmente, la non assoggettabilità all'Irap, per carenza del predetto requisito di autonoma organizzazione, è, pertanto, invocabile sulla base dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ad esempio, non è soggetto ad Irap il professionista che esercita la propria attività all'interno di una struttura altrui, dovendo l'attività autonomamente organizzata essere direttamente ed esclusivamente collegata al professionista stesso, e non a soggetti terzi (Cass. n. 21150/2014).

L'impiego non occasionale di lavoro altrui, fornito da personale dipendente oppure in base ad un contratto di collaborazione, deve ritenersi di per sé integrativo del requisito dell'autonoma organizzazione (Cass. n. 9790/2014 e n.7609/2014): tale principio non opera se il lavoratore, magari part time o con funzioni meramente esecutive, non accresce la capacità produttiva del professionista e non costituisce un fattore "impersonale ed aggiuntivo" alla produttività di quest'ultimo, bensì una semplice "comodità" (Cass. 10173/2014 e 22020/2013).
È il caso, ad esempio, del lavoratore subordinato che non crea valore aggiunto rispetto all'attività intellettuale del contribuente, in quanto si tratta di un collaboratore che apre la porta o risponde al telefono mentre l'avvocato riceve il cliente (Cass. n. 26991/2014).

È soggetto ad Irap il dottore commercialista che, nell'esercizio dell'attività, si avvale, in modo non occasionale, per la tenuta della contabilità dei propri clienti, svolgendo in proprio la consulenza fiscale e societaria, di una società di servizi retribuita a percentuale (Cass. n. 22674/2014).
La giurisprudenza di legittimità ha altresì sostenuto che non deve essere assoggettato ad Irap il professionista che svolge prevalentemente la propria attività presso la società di cui è sindaco o amministratore (Cass. n. 21798/2014), avvalendosi di beni strumentali di modesto valore, e che eroga compensi di esiguo ammontare ai propri praticanti (Cass. n. 6418/2014).

Le associazioni professionali e gli studi associati non sono sempre soggetti ad Irap, essendo necessario valutare l'organizzazione di cui si avvalgono (Cass. 4578/2015): il contribuente può dimostrare che il valore della produzione è essenzialmente frutto del lavoro professionale degli associati e che l'organizzazione riveste, invece, un ruolo marginale, ovvero che il reddito è derivato esclusivamente dal lavoro professionale dei singoli associati, oppure che l'associazione è finalizzata al solo intento di dividere le spese (Cass. n. 27005/2014; contra Cass. n. 25313/2014, 27007/2014, 4663/2014 e 22212/2010): la questione sarà affrontata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con particolare riguardo alla rilevanza dell'impiego di personale per configurare la sussistenza dell'autonoma organizzazione ai fini Irap e, quindi, l'assoggettamento al tributo dei professionisti e dei piccoli imprenditori (Cass. n. 5040/2015 e n. 3870/2015).