Buoni pasto ai dipendenti con controlli più stringenti
La legge di Stabilità 2015 ha introdotto importanti novità circa i buoni pasto che i datori di lavoro distribuiscono ai lavoratori dipendenti.
Dal 1° luglio 2015 è stata aumentata da 5,29 a 7 euro la quota non tassabile che non costituisce reddito di lavoro dipendente. É stato così modificato l’art. 51, comma 1, lettera c), TUIR, secondo cui non concorrono a formare il reddito le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi o, fino all’importo complessivo giornaliero di 7 euro, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione.
In ogni caso il datore di lavoro può decidere liberamente se distribuire ai dipendenti buoni pasto fino alla soglia massima di esenzione di 7 euro, ovvero se attestarsi su di un valore inferiore (in ogni caso escluso da imposizione).
La normativa, però, diviene più stringente (dal 1° luglio) in quanto se da una parte si prevede, come spiegato, l’incremento della soglia di esenzione, dall’altra viene disciplinato il passaggio dai buoni pasto cartacei a quelli di tipo elettronico. In questo modo sarà possibile, in considerazione della tracciabilità dello strumento, effettuare più agevolmente le attività di controllo evitando un utilizzo improprio dei buoni pasto. In particolare, come previsto dall’art. 51 citato, non sarà più possibile cumularli o utilizzarli per altri fini (come, ad esempio, per fare la spesa al supermercato).
In generale i buoni pasto sono uno strumento estremamente vantaggioso per il datore di lavoro che non ha predisposto un servizio mensa. I ticket consentono un risparmio del costo del personale in quanto, non costituendo un benefit tassabile, non sono dovuti i contributi. Conseguentemente anche lo stesso lavoratore dipendente non subisce alcuna ritenuta essendo il beneficio escluso da tassazione entro l’importo massimo di 7 euro (come da ultimo elevato dalla legge di Stabilità 2015).
L’utilizzo dei buoni pasto in formato cartaceo non consente l’effettuazione di una idonea attività di controllo. Conseguentemente possono essere “superate” agevolmente le limitazioni stabilite, ai fini della detassazione, dall’art. 51 citato.
Ad esempio, come si desume in base ad un’interpretazione letterale, i buoni pasto non costituiscono reddito di lavoro dipendente fino all’importo complessivo giornaliero di 7 euro. In pratica il lavoratore dipendente non può utilizzare cumulativamente due o più buoni pasto. In tale ipotesi di utilizzo cumulativo si violerebbe il limite giornaliero ed il ticket costituirebbe, per la parte eccedente, reddito di lavoro dipendente.
In passato la disciplina è stata oggetto di numerose violazioni anche con riferimento al contenuto delle prestazioni. L’intento del legislatore è quello di rendere possibile una prestazione di somministrazione di alimenti e bevande o un servizio sostitutivo della mensa. Viceversa non ha inteso rendere possibile l’utilizzo dei buoni pasto per la spesa al supermercato che, evidentemente, rappresenta una prestazione completamente diversa. Tuttavia, a seguito dell’utilizzo dei ticket cartacei era praticamente impossibile controllare l’utilizzo dei buoni effettuato dai lavoratori.
Ora con la tracciabilità immediata assicurata dai buoni pasto elettronici è possibile controllare e scoraggiare eventuali usi impropri. A seguito delle modifica normativa, qualora il costo del pasto sia superiore a 7 euro, la parte eccedente dovrà essere pagata in contanti. In realtà la normativa da questo punto di vista non è cambiata rispetto a quella in vigore prima dell’approvazione della legge di Stabilità del 2015 (legge n. 190/2014), ma considerata l’impossibilità dei controlli, la norma era sistematicamente violata.
In linea di principio se il lavoratore intende ora utilizzare più di un buono pasto l’esercente l’attività commerciale dovrebbe rifiutare il secondo ticket chiedendo di pagare in contanti. Tuttavia, nell’ipotesi di violazione sarà il datore di lavoro a rispondere dell’illecito.
Il buono pasto utilizzato nella stessa giornata per un importo eccedente 7 euro dovrebbe essere assoggettato a ritenuta d’acconto e costituisce reddito di lavoro dipendente. Il datore di lavoro risponderà delle predette omissioni, con la conseguente applicazione delle sanzioni previste dalle disposizioni fiscali.